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St. Moritz, Museum Engiadinais (ME-STM)

MUSEUM ENGIADINAIS
Via dal Bagn 39, 7500 St. Moritz
E-Mail: info@museum-engiadinais.ch
Tel.: +41 81 833 43 33

Keramik aus dem Museum Engiadinais in der Bilddatenbank CERAMICA CH

Andreas Heege, 2019

Das Engadiner Museum in St. Moritz ist ein Museum für alpine Lebens- und Wohnkultur vom 15. bis ins 19. Jahrhundert, das 1906 im Auftrag des Sammlers Riet Campell eigens für dessen Sammlung historischer Innenräume gebaut wurde (zum Museum und zur Sammlung vgl. Campell 1946; Casutt 2006; Caviezel 1993; Maier 2006). Architekt Nikolaus Hartmann jun. schuf dafür den historisierenden Typus eines Engadinerhauses und damit eine Stilikone des sogenannten Heimatstils. Das Haus wurde um die Sammlung herum gebaut und beherbergt 18 historische Zimmer. Riet Campell hatte in den Jahren davor eine ausserordentlich qualitätsvolle Sammlung von vollständigen Interieurs, Möbeln, Geräten, Haushaltgegenständen, Waffen, Büchern und Textilien aus dem Engadin, den Bündner Südtälern, dem Oberhalbstein (Surses) und dem Veltlin (Grosio) zusammengetragen. Die Entstehung des Museums bewegte sich zeitgleich mit der Heimatschutzbewegung in Graubünden, die sich die Erhaltung des einheimischen Kulturgutes zum Ziel setzte und den drohenden „Ausverkauf der Heimat“ des einheimischen Kulturgutes zu verhindern suchte.

Die mehrere Tausend Objekte umfassende Sammlung trägt den Stempel ihres Gründers Riet Campell, der vorwiegend kunsthandwerklich hochstehende Interieurs und Objekte der gehobenen Schichten und nicht etwa der einfachen Bauern sammelte. Sie ist in ihrer Art einzigartig und in weiten Teilen in den historischen Zimmern inszeniert, die jeweils einen bestimmten Typus und eine Epoche repräsentieren, nicht aber alle aus dem gleichen Ort stammen.

Dieser Sammlungsbestand, von Campell zu Lebzeiten zusammengetragen, bildet eine in sich geschlossene Sammlung, die den Zeitgeist und die Präferenzen des Sammlers abbildet, gleichzeitig aber auch ein umfassendes Bild der Wohnkultur des Engadins und der angrenzenden Täler bietet. Die Sammlung ist in ihrer Geschlossenheit eine hochinteressante Dokumentation zur Sammeltätigkeit an der Wende vom 19. ins 20. Jahrhundert und repräsentiert beispielhaft die Ideen und Ziele der damals entstehenden Heimatschutzbewegung. In dieser Prägnanz ist dies in keinem anderen vergleichbaren historischen oder heimatkundlichen Museum der Schweiz anzutreffen. Dies macht die Einzigartigkeit des Engadiner Museums und seiner Sammlung aus.

Aus diesem Grund ist die Sammlung weitgehend abgeschlossen. Künftig sollen nur noch Objekte in die Sammlung aufgenommen werden, die in einem engen Zusammenhang zu Museumsgründer Riet Campell, Museumsarchitekt Nicolaus Hartmann jun. und der Heimatschutzbewegung im Engadin und den angrenzenden Bündner Südtälern stehen.

Die Sammlung umfasst etwa 160 Keramikobjekte, die in Bilddatenbank CERAMICA-CH aufgenommen wurden. Sie beinhaltet Irdenwaregefässe, Fayencen, Steingut, Steinzeug und Porzellan. Da die Objekte aus dem Antiquitätenhandel erworben wurden, ist der ehemalige Nutzungsort bzw. die Herkunft der Keramiken unklar. Für einen grösseren Teil der Keramik ist eine Herkunft aus dem Engadin vorstellbar, jedoch nicht durch Inventareinträge zu belegen. Nur archäologische Ausgrabungen im Verbrauchermilieu des Kantons könnten hier wohl Klarheit bringen.

Unter den Irdenwaren finden sich immerhin vier Keramiken, für die eine Herkunft aus dem süddeutschen Raum anzunehmen ist (ME-STM 0270, ME-STM 2249 ME-STM 3578, ME-STM 3587). Ähnliche Stücke sind aus dem RMC und anderen Museen Graubündens bekannt und aus dem Fürstentum Liechtenstein als archäologische Bodenfunde belegt (Heege 2016, 162–169).

Dank

Die CERAMICA-Stiftung dankt der Museumsleiterin Charlotte Schütt und ihrem Team herzlich für die sehr freundliche und interessierte Unterstützung der Inventarisationsarbeiten.

Bibliographie:

Campell 1946
Riet Campell, Istorgia dal Museum Engiadinais da San Murezzan, scritta dal fundatur in occasiun da seis ottant’avel an (maschinenschriftlich vervielfältigt, Exemplar im Museum Engiadinais), Celerina 1946.

Casutt 2006
Marcus Casutt, Das Engadiner Museum wird 100. Der Heimatschutz, das Engadiner Haus und die Erfindung des Heimatstils, in: Bündner Monatsblatt: Zeitschrift für Bündner Geschichte, Landeskunde und Baukultur, 2006, Heft 2, 176-189.

Caviezel 1993
Nott Caviezel, Das Engadiner Museum in St. Moritz (Schweizerische Kunstführer 537), Bern 1993.

Heege 2016
Andreas Heege, Die Ausgrabungen auf dem Kirchhügel von Bendern, Gemeinde Gamprin, Fürstentum Liechtenstein. Bd. 2: Geschirrkeramik 12. bis 20. Jahrhundert, Vaduz 2016.

Maier 2006
Marcella Maier, Riet Campell – ein Mann und ein Museum : 100 Jahre Engadiner Museum, St. Moritz 2006.

 

Stampa, Museo Ciäsa Granda (MCG) – Versione italiana

 

Museo Ciäsa Granda
Strada Cantonale 102
7605 Stampa, Bregaglia
Tel.: +41 (0)81 822 17 16
E-Mail: info@ciaesagranda.ch

Andreas Heege, 2021

Ceramiche del Museo Ciäsa Granda su CERAMICA CH

Ciäsa Granda significa “casa grande” nel dialetto bregagliotto e in effetti il museo è ospitato in un’imponente casa patrizia del 1581. All’edificio originario è stata aggiunta una sala espositiva sotterranea, nella quale si possono ammirare numerose opere degli artisti Giovanni, Alberto e Diego Giacometti, come pure di Augusto Giacometti e di Varlin. Il museo offre alle visitatrici e ai visitatori uno spaccato della vita contadina di un tempo: come si producevano burro e formaggio, come e dove si lavava il bucato, ma anche quali arnesi e strumenti si usavano per la macellazione e per la produzione degli insaccati. Il museo ospita anche la ricostruzione di vari ambienti artigianali: un laboratorio per la tessitura, uno per la lavorazione della pietra ollare, una forgia e una bottega di pasticceria. Il Museo Ciäsa Granda e l’Archivio storico della Bregaglia al Palazzo Castelmur appartengono alla Società culturale, Sezione Pgi. La Società culturale di Bregaglia nacque nel 1942 e si sviluppò intorno alla Ciäsa Granda, acquistata nel 1952 e restaurata per farne un centro culturale e poi un museo etnografico.

Sono state prese in considerazione 52 ceramiche della collezione museale, divise in due gruppi espositivi. Da una parte vi sono 15 ceramiche che sono state inventariate ed esposte nel contesto della “cucina” e che, per quanto desumibile dai dati disponibili, provengono o dovrebbero provenire per lo più dalla regione, ovvero dalla Bregaglia. Purtroppo la collezione museale inerente la regione non è molto vasta, quindi una valutazione del “panorama ceramico” della Bregaglia resta ancora problematica. Solo una politica museale mirante a prendere in considerazione unicamente gli oggetti di certa provenienza bregagliotta potrebbe migliorare questa situazione.

Il secondo gruppo di 37 ceramiche è stato raccolto da Florio Pult di Ginevra nel 1984 con l’intento di presentare la bottega di un pasticcere. Nel caso di questi oggetti si può presumere che siano stati prevalentemente acquistati da antiquari della regione di Ginevra. Un piccolo gruppo di stampi da forno della Germania meridionale è stato donato da una zurighese.

Vediamo innanzi tutto i recipienti da cucina.

Tre oggetti, che per motivi tipologici non possono essere assegnati a una produzione svizzera, sono purtroppo privi di informazioni di inventario. La grande scodella e i due grandi e pesanti vasi da conserva (orci per strutto?) sono stati realizzati probabilmente in Italia settentrionale (Piemonte?) (Cfr. Martelli / Bianchetti / Volorio 2003, 77-80, vasi per alimenti). Il Museo Retico ha acquisito recipienti simili da Casa Baldini a Stampa, Borgonovo (RMC_H1972.780, RMC_H1972.781) e un pezzo simile si trova al Museo Tgea da Schons a Zillis (TSZ_684). La scodella con decorazione maculata è finora un pezzo unico in Svizzera.

Due tipici recipienti con decorazione maculata verde su ingobbio chiaro e dotati di coperchi concavi provengono molto probabilmente dalla Germania meridionale. Forme e decorazioni identiche sono molto diffuse nei Grigioni e nel Liechtenstein. Sono databili al XIX secolo, senza che sia possibile una maggior precisione. Il pezzo con i manici rialzati rispetto all’orlo è un dono da Vicosoprano, quindi è molto probabile che sia stato utilizzato per l’ultima volta in Bregaglia. Il secondo pezzo è privo di indicazioni inerenti la provenienza.

Per quanto concerne i restanti recipienti ceramici, alcune scodelle e un bricco per bollire il latte sono probabilmente di Berneck SG e risalgono alla fine del XIX o all’inizio del XX secolo. Una delle scodelle è insolitamente contrassegnata da un marchio impresso che ne indica il volume, come di solito attestato nei bricchi per bollire il latte. Questa scodella è stata donata al museo da Vicosprano.

Una scodella con orlo a spigolo vivo e dalla caratteristica invetriatura giallognola è purtroppo anch’essa un pezzo senza indicazioni inerenti la provenienza. I recipienti di questa classe ceramica e con questo decoro sono molto diffusi nei Grigioni. Sono stati prodotti nella Svizzera occidentale e in Francia, nell’area intorno al Lago di Ginevra così come in Alta Savoia, e una loro massiccia esportazione nei Grigioni è inconcepibile senza un completo sviluppo della rete ferroviaria. Sembra quindi che tutte queste ceramiche non siano precedenti la fine del XIX o il primo terzo del XX secolo.

Le maioliche (maioliche o ceramiche “alla faentina”) sono molto rare nella collezione museale, anche se è particolarmente sorprendente la mancanza di maioliche italiane. L’unico pezzo è un bricco per il caffè prodotto a Kilchberg-Schooren nella prima metà del XIX secolo, donata al museo da Vicosoprano.

Di contro, la terraglia è leggermente più rappresentata nella raccolta museale, dove ci sono tre pezzi inventariati. Da Vicosoprano è stata donata al museo una zuppiera particolarmente capiente e rappresentativa, che reca il marchio Schramberg ed è presente in entrambi i campionari della manifattura (Staffhorst 2020, campionario Schramberg I, n. 244 “zuppiera circolare, senza sottopiatto”; campionario Schramberg II, n. 106 “terrina, inglese, circolare, alta”).

Una delle rarissime zuppiere contrassegnate con “SCHELLER”, ma non decorate, proviene dalla fabbrica di Johannes Scheller a Kilchberg-Schooren presso Zurigo (cfr. Ducret 2007, 16 e 23, fig. 37: campionario Scheller “scodella per zuppa, Casserole” oppure “scodella del tipo Casserole”) ed è stata prodotta tra il 1846 e il 1869. Il pezzo è stato conservato a Vicosoprano fino al 1980 e poi donato al museo.

Dalla fabbrica di terraglia Niederweiler a Möhlin nel Canton Argovia proviene un bricco per il latte prodotto dopo il 1906, che dal punto di vista della tecnica presenta una strana combinazione di decorazioni dipinta col pennello e applicata con decalcomania. Anche questo recipiente è stato donato al museo da Vicosoprano.

Una bottiglia in gres realizzata al tornio (bottiglia per l’acqua minerale) è l’unico oggetto in gres per la cucina. Sulla parte anteriore è impresso il marchio (marchio della fontana) “SELTERS NASSAU, Preussischer Adler” di Niederselters: la bottiglia è quindi stata realizzata tra il 1866 e il 1879 circa (Heege 2009). Purtroppo risulta priva di indicazioni relative alla sua provenienza.

Le ceramiche della bottega di pasticceria hanno una composizione notevolmente diversa. A causa delle circostanze sconosciute relative alla loro acquisizione non possono essere considerate come oggetti della Bregaglia.

Il contesto di una pasticceria comprende ovviamente gli stampi per dolci. I due stampi per cuocere gli agnelli pasquali sono stati probabilmente realizzati a Soufflenheim in Alsazia (cfr. Legendre / Maire 1996, 148 n. 131; Demay 2003, 25-33; Decker / Haegel / Legendre et al. 2003, 38-39). Esemplari molto simili si trovano nell’inventario di un pasticcere conservato al museo di Poschiavo (MPO_19003).

In una pasticceria si sarebbero anche potuti trovare piccoli stampi dalla superficie interna invetriata, che si può presume fossero utilizzati per decorare vari prodotti da forno (panpepato, Biberli, biscotti Tirggel o Springerle, panini all’anice), per modellare marzapane e gomma adragante o per realizzare la pasta di mele cotogne / “Quittenzeltlein” (Brunold-Bigler 1985; Morel 2000, 101; Bernerisches Koch-Büchlein 1749, ricetta 303). Più probabile è però l’ipotesi che si tratti di oggetti provenienti da una famiglia svizzerotedesca di estrazione borghese, perché i pezzi sono stati donati al museo da una zurighese. Il Museo retico di Coira conserva un gran numero di stampi simili (Brunold-Bigler 1985), ma purtroppo non sappiamo ancora in quale atelier della Svizzera tedesca o della Germania meridionale siano stati realizzati. Da un punto di vista stilistico è probabile che risalgano al XVIII o alla prima metà del XIX secolo.

Un’intera gamma di stampi per torte, da forno o per budini è stata rivestita di una vetrina al manganese marrone scuro. Nessuno di loro presenta un marchio. Mentre stampi per ciambelle simili a quello in alto sono abbastanza comuni nei Grigioni, le altre due forme sono rarità. Il pezzo più in basso in primo piano potrebbe essere uno stampo per budino. Lo stampo di sinistra, del quale esiste un secondo esemplare più piccolo, rappresenta invece il tipo con forma a “corona”. Pezzi simili si trovano nel campionario Ziegler’sche Tonwarenfabrik Schaffhausen al n. 35, e nel campionario Aedermannsdorf 1895 al n. 70 con la denominazione “Krone, Couronne”. Dovrebbe esservi stata cotta una torta molto speciale.

I due campionari possono essere usati quali riferimenti diretti anche per l’origine delle stoviglie invetriate al manganese, probabilmente realizzate principalmente nella Svizzera tedesca, per esempio a Kilchberg-Schooren, e vendute in grandi quantità nei Grigioni; fra queste le terrine circolari e quelle ovali sono le più comuni nella collezione museale.

Le terrine includono anche un pezzo sorprendentemente decorato e stampigliato, realizzato probabilmente nell’Impero tedesco a Dessau, Sassonia-Anhalt, presso l’Anhaltische Kunsttöpferei (A.K.T.) da Friedrich Franz Krätzel, prima del 1910. Come questo pezzo si sia “perso” in Svizzera rimane purtroppo un mistero.

Oltre a quanto visto sin qui, nella bottega del pasticcere si trovano ceramiche del tipo “Heimberger” di Berneck SG (in alto a sinistra) e piatti con invetriatura all’argilla di colore marrone del tipo “Bunzlauer” provenienti principalmente dall’odierna Slesia polacca. In qualità di “stoviglie sanitarie”, presumibilmente senza piombo, furono un successo di esportazione a livello europeo dell’Impero tedesco alla fine del XIX ma soprattutto nella prima metà del XX secolo. Finora non vi sono prove che questo tipo di ceramica sia stato copiato in Svizzera.

Per quanto concerne l’allestimento della bottega del pasticcere, la presenza di una teglia rettangolare della SOCIÉTÉ INDUSTRIELLE VALLAURIS A.M può essere classificata solo come un errore da mercato delle pulci.

Al contrario, un’intera serie di ceramiche potrebbe benissimo provenire dalla regione di Ginevra, ma anche dai Grigioni. Scodelle, bricchi per bollire il latte e vasi da conserva per lo strutto (Toupine) sono tipici prodotti della regione del Lago di Ginevra (ad es. la fabbrica di ceramiche Knecht), come anche dell’Alta Savoia (Buttin / Pachoud-Chevrier / Faÿ-Hallé 2007; Buttin 2019) o del dipartimento del Giura nella Franca Contea (sito di produzione ceramica ad es. di Nermier: Pétrequin / Monnier 1995).

Vale la pena menzionare un altro recipiente in terraglia: un grande secchio per l’acqua o per il liquame privo del manico in materiale organico, che fu probabilmente realizzato da Villeroy & Boch a Wallerfangen alla fine del XIX secolo. In realtà appartiene al contesto degli articoli per l’igiene (servizio per il bucato o vasi da notte) e, per vista la loro funzione, non ha nulla a che spartire con una pasticceria.

Da ultimo vale la pena presentare un bricco in terraglia invetriata nera, che rappresenta probabilmente un vecchio oggetto del magazzino del museo, ma che è stato reinventariato nel contesto della bottega del pasticcere. Secondo il campionario di Schramberg I, n. 102, è un “bricco per il caffè, maniera inglese, cilindrico” o il n. 174 è un “colatore per la panna, cilindrico con coperchio”; il campionario II, n. 1 definisce una forma identica come “bricco per il caffè, cilindrico” (Staffhorst 2020). I recipienti ceramici realizzati in “terraglia invetriata nera” rappresentano per la manifattura Schramberg un prodotto eccezionale. Il bricco è l’unico esemplare documentato nei Grigioni.

Ringraziamenti

La fondazione CERAMICA ringrazia sinceramente Bruna Ruinelli per l’ottima assistenza e per il sostegno ricevuti in occasione del lavoro di documentazione.

Traduzione Maria-Isabelle Angelino

Bibliografia:

Bernerisches Koch-Büchlein 1749
Bernerisches Koch-Büchlein (Nachdruck 1970), Bern 1749.

Brunold-Bigler 1985
Ursula Brunold-Bigler, “Trukhs in die Mödel”: Bemerkungen zur Gebäckmodelsammlung des Rätischen Museums, in: Jahrbuch der Historisch-Antiquarischen Gesellschaft von Graubünden 115, 1985, 43-66.

Buttin 2019
Anne Buttin, La poterie – De terre et de feu, Magland 2019.

Buttin/Pachoud-Chevrier/Faÿ-Hallé 2007
Anne Buttin/Michèle Pachoud-Chevrier/Antoinette Faÿ-Hallé, La Poterie domestique en Savoie, Annecy 2007.

Decker/Haegel/Legendre u.a. 2003
Emile Decker/Olivier Haegel/Jean-Pierre Legendre u.a., La céramique de Soufflenheim. Cent cinquante ans de production en Alsace 1800-1950, Lyon 2003.

Demay 2003
Bernard Demay, Les moules à gâteaux, Bouxwiller 2003.

Heege 2009
Andreas Heege, Steinzeug in der Schweiz (14.–20. Jh.). Ein Überblick über die Funde im Kanton Bern und den Stand der Forschung zu deutschem, französischem und englischem Steinzeug in der Schweiz, Bern 2009.

Legendre/Maire 1996
Jean-Pierre Legendre/Jean Maire, La céramique de Soufflenheim (Bas-Rhin) du milieu du XIXe siècle au début du XXe siècle. Typologie de la production et éléments de chronologie, in: Cahiers Alsaciens d’archéologie, d’art et d’histoire 39, 1996, 139-170.

Martelli/Bianchetti/Volorio 2003
Alessandro Martelli/Gianfranco Bianchetti/Paolo Volorio, La manifattura delle ceramiche di Premia (1808-1862), Villadossola 2003.

Maurizio 1990
Remo Maurizio, Guida al museo di valle Ciäsa granda (Stampa, Val Bregaglia), Stampa 1990.

Morel 2000
Andreas Morel, Basler Kost. So kochte Jacob Burckhardts Grossmutter (178. Neujahrsblatt, herausgegeben von der Gesellschaft für das Gute und Gemeinnützige), Basel 2000.

Pétrequin/Monnier 1995
Pierre Pétrequin/Jean-Louis Monnier, Potiers Jurassiens. Ethno-archéologie d´un atelier du XIXe siècle, Lons-Le-Saunier 1995.

Staffhorst 2020
Andreas Staffhorst, Schramberger Steingut 1820-1882 (Schriftenreihe des Stadtarchivs und Stadtmuseums Schramberg 30), Schramberg 2020.

Stampa, Museum Ciäsa Granda (MCG)

Museo Ciäsa Granda
Strada Cantonale 102
7605 Stampa, Bregaglia
Tel.: +41 (0)81 822 17 16
E-Mail: info@ciaesagranda.ch

Keramik des Museo Ciäsa Granda in CERAMICA CH

Andreas Heege, 2021

Ciäsa Granda bedeutet im Bergeller Dialekt «grosses Haus» und tatsächlich ist das Museum in einem stattlichen Patrizierhaus aus dem Jahr 1581 untergebracht. An das Originalgebäude wurde ein unterirdisch gelegener Ausstellungsraum gefügt, in dem man zahlreiche Werke der Künstler Giovanni, Alberto und Diego Giacometti sowie Augusto Giacometti und Varlin besichtigen kann. Das Museum gibt Besuchern und Besucherinnen einen Einblick in das bäuerlichen Leben vergangener Zeiten: wie man Butter und Käse herstellte, wie und wo die Wäsche gewaschen wurde, aber auch, welche Geräte und Werkzeuge für das Schlachten und die Wurstproduktion verwendet wurden. Weiter beherbergt das Museum verschiedene rekonstruierte Werkstätten wie die Weberei, eine Lavez-Werkstatt, eine Schmiede und den Arbeitsplatz eines Zuckerbäckers. Das Museum Ciäsa Granda sowie das historische Archiv des Bergells im Palazzo Castelmur gehören der Società culturale, Sezione Pgi. Der Kulturverein Bregaglia wurde 1942 gegründet und entstand um die Ciäsa Granda herum, die 1952 gekauft und zu einem Kulturzentrum bzw. ethnografischen Museum ausgebaut wurde.

Aus der Museumssammlung wurden 52 Keramikobjekte aufgenommen, die sich im Museum in zwei Gruppen teilen. Zum einen handelt es sich um 15 Keramiken, die im Museum im Kontext der “Küche” ausgestellt und inventarisiert wurden und die, soweit verwertbare Inventardaten vorliegen, meist aus der Region, d.h. dem Bergell stammen oder stammen dürften. Leider ist die auf die Region bezogene Museumssammlung nicht umfangreicher, eine Einschätzung der “Keramiklandschaft” des Bergell bleibt daher nach wie vor problematisch. Nur eine aktive Sammelpolitik des Museums, die ausschliesslich Objekte mit eindeutiger Herkunft aus dem Bergell berücksichtigt, könnte diese Situation verbessern.

Die zweite Gruppe von 37 Keramiken wurde von Florio Pult aus Genf im Jahr 1984 zusammengestellt, um eine Zuckerbäckerei zu inszenieren. Bei diesen Objekten steht zu vermuten, dass sie überwiegend in der Region Genf im Antiquitätenhandel erworben wurden. Eine kleine Gruppe süddeutscher Gebäckmodel wurde von einer Zürcherin geschenkt.

Betrachten wir zunächst die Küchenobjekte.

Drei Objekte, die man aus typologischen Gründen wohl nicht einer Produktion in der Schweiz zuweisen kann, sind leider ohne Inventarinformation. Vermutlich wurden die grosse Schüssel und die beiden grossen und schweren Vorratstöpfe (Schmalztöpfe?) in Norditalien (Piemont?) hergestellt (vgl. Martelli/Bianchetti/Volorio 2003, 77-80, Vasi per alimenti). Ähnliche Formen erwarb das Rätische Museum aus dem Haus Baldini in Stampa, Borgonovo (RMC_H1972.780, RMC_H1972.781). Und auch im Museum Tgea da Schons in Zillis gibt es ein ähnliches Stück (TSZ_684). Die spritzverzierte Schüssel ist bislang ein singuläres Stück in der Schweiz.

Zwei typische, hellscherbige und grün spritzverzierte Keramiken mit Hohldeckel stammen mit grosser Wahrscheinlichkeit aus Süddeutschland. Identische Formen und Dekore sind in Graubünden und Liechtenstein weit verbreitet. Sie können nicht genauer als ins 19. Jahrhundert datiert werden. Das Stück mit den oberrandständigen Henkeln wurde aus Vicosoprano geschenkt, eine letzte Verwendung im Bergell ist daher sehr wahrscheinlich. Das zweite Stück ist ohne Herkunftsangabe.

Bei den übrigen Irdenwaren sind wenige Schüsseln und ein Milchtopf wohl aus Berneck SG belegt, die ins späte 19. oder das frühe 20. Jahrhundert datieren. Eine der Schüsseln trägt unüblicherweise eine Blindmarke mit Volumenangabe, wie wir sie sonst eher von den Milchtöpfen kennen. Diese Schüssel wurde aus Vicosoprano dem Museum geschenkt.

Eine Schüssel mit scharfkantigem Kragenrand und einer charakteristischen hellgelben Glasur ist leider ebenfalls ein Stück ohne Herkunftsangabe. Keramiken mit dieser Glasur und diesem Dekor sind in Graubünden weit verbreitet. Sie wurden in der Westschweiz und in Frankreich im weiteren Umfeld des Genfersees bzw. in der Haute Savoie produziert. Ein Massenexport nach Graubünden ist eigentlich erst im Kontext einer flächendeckenden Eisenbahnerschliessung denkbar. Es scheint daher auch, dass alle diese Keramiken erst in das späteste 19. und vor allem das erste Drittel des 20. Jahrhunderts datieren.

Fayencen sind eine grosse Seltenheit im Museumsinventar, wobei besonders überrascht, dass auch keinerlei sonstige italienische Fayencen vorhanden sind. Das einzige Objekt ist eine Teekanne, die in der ersten Hälfte des 19. Jahrhunderts in Kilchberg-Schooren hergestellt wurde. Sie wurde aus Vicosoprano dem Museum geschenkt.

Steingut hat dagegen am Museumsinventar einen etwas grösseren Anteil. Es sind drei gemarkte Objekte vorhanden. Eine besonders grosse und repräsentative Suppenterrine wurde dem Museum aus Vicosoprano geschenkt. Sie trägt die Marke von Schramberg und ist in beiden Musterbüchern der Manufaktur verzeichnet (Staffhorst 2020, Musterbuch Schramberg I, Nr. 244 «Suppen-Terrine rund, ohne Unterplatte; Musterbuch Schramberg II, Nr. 106 «Terrine, englische, rund, hoch»).

Aus der Manufaktur von Johannes Scheller in Kilchberg-Schooren bei Zürich stammt eine der sehr seltenen, “SCHELLER” gemarkten, aber unverzierten Suppenschüsseln (vgl. Ducret 2007, 16 und 23 bzw. Abb. 37: Musterbuch Scheller «Suppenschüssel, Casserolle» bzw. bzw.«Casserolleschüssel»). Diese wurde zwischen 1846 und 1869 hergestellt. Das Stück wurde bis 1980 in Vicosoprano aufbewahrt und dann dem Museum geschenkt.

Aus der Niederweiler Steingutfabrik in Möhlin im Kanton Aargau stammt ein Milchtopf, der nach 1906 produziert wurde. Er trägt eine technisch merkwürdige Kombination von Pinsel- und Schablonendekor. Auch dieser Milchtopf wurde aus Vicosoprano dem Museum geschenkt.

Eine gedrehte Steinzeugflasche (Heilwasserflasche) ist das einzige Steinzeugobjekt der Küche. Auf der Vorderseite findet sich die eingestempelte Blindmarke (Brunnenmarke) von Niederselters „SELTERS NASSAU, Preussischer Adler“. Die Flasche ist demnach zwischen 1866 etwa 1879 entstanden (Heege 2009). Leider ist sie ohne Herkunftsangabe.

Die Keramiken aus der Zuckerbäckerei haben eine erkennbar abweichende Zusammensetzung. Aufgrund ihrer unbekannten Erwerbungsumstände, können sie nicht als Objekte aus dem Bergell betrachtet werden.

In einen Zuckerbäcker-Kontext passen natürlich Backformen. Die beiden vorhandenen Objekte für das Backen von liegenden Osterlämmern, dürften in Soufflenheim im Elsass hergestellt worden sein (Vgl. Legendre/Maire 1996, 148 Nr. 131; Demay 2003, 25-33; Decker/Haegel/Legendre u.a. 2003, 38-39). Ganz ähnliche gibt es aus einem Zuckerbäcker-Inventar im Museum in Poschiavo (MPO_19003).

Ebenfalls in einen solchen Kontext könnten möglicherweise kleine innenglasierte Model gehört haben, für die man annimmt, dass sie für die Verzierung unterschiedlicher Gebäcke (Lebkuchen, Biber, Tirggel, Springerle, Anisbrötchen), zur Formung von Marzipan und Tragant oder zur Herstellung gemodelter Quittenpaste/”Quittenzeltlein” gedient haben (Brunold-Bigler 1985; Morel 2000, 101; Bernerisches Koch-Büchlein 1749, Rezept 303). Wahrscheinlicher ist jedoch die Annahme, dass wir es mit Objekten aus einem gutbürgerlichen deutschschweizerischen Haushalt zu tun haben, denn die Stücke wurden dem Museum von einer Zürcherin geschenkt. Das Rätische Museum in Chur verwahrt eine grössere Menge ähnlicher Model (Brunold-Bigler 1985). Leider wissen wir bis heute nicht, in welcher deutschschweizerischen oder süddeutschen Werkstatt diese Model entstanden sind. Stilistisch betrachtet, dürften sie aus dem 18. oder der ersten Hälfte des 19. Jahrhunderts stammen.

Mit einer dunkelbraunen Manganglasur wurden eine ganze Reihe von Kuchen-/Back- oder Puddingformen versehen. Keine davon trägt eine Marke. Während vergleichbare Gugelhupfformen in Graubünden ansonsten ebenfalls recht häufig auftreten, sind die beiden anderen Form seltene Ausnahmen. Das flachere Stück im Vordergrund könnte tatsächlich eine Puddingform sein. Die linke Form, zu der es noch ein zweites, kleineres Exemplar gibt, stellt dagegen eine “Krone” dar. Ähnliche Stücke finden sich im Musterbuch Ziegler’sche Tonwarenfabrik Schaffhausen unter Nr. 35, und im Musterbuch Aedermannsdorf 1895, Nr. 70 mit der Bezeichnung «Krone, Couronne». Offenbar wurde darin eine ganz spezielle Kuchenform gebacken.

Die beiden Musterbücher können auch als unmittelbarer Hinweis auf die Herkunft des manganglasierten Geschirrs aufgefasst werden, das wohl überwiegend in der Deutschschweiz, u.a. auch in Kilchberg-Schooren gefertigt und in Graubünden in grossen Mengen verhandelt wurde. Häufiger sind dabei in den Museumssammlungen aber runde und ovale Terrinen vorhanden.

Zu den Terrinen gehört auch ein auffällig dekoriertes und gemarktes Stück. Es wurde wohl vor 1910 im Deutschen Kaiserreich in Dessau, Sachsen Anhalt, in der Anhaltischen Kunsttöpferei (A.K.T.) von Friedrich Franz Krätzel gefertigt. Wie sich dieses Stück in die Schweiz “verirrt” hat, bleibt leider ein Rätsel.

Ansonsten steht in der Zuckerbäckerei Keramik “Heimberger Art” aus Berneck SG neben lehmglasiertem Braungeschirr “Bunzlauer Art” vor allem wohl aus dem heute polnischen Schlesien. Als angeblich bleifreies “Gesundheitsgeschirr” handelte es sich um einen europäischen Exportschlager des Deutschen Kaiserreichs im späten 19., vor allem aber in der ersten Hälfte des 20. Jahrhunderts. Es gibt bislang keine Hinweise, dass die Keramikart auch in der Schweiz kopierend nachgeahmt wurde.

Eine rechteckige Platte der SOCIÉTÉ INDUSTRIELLE VALLAURIS A.M kann im Zusammenhang mit der eingerichteten Zuckerbäckerei eigentlich nur als Flohmarkt-Fehlgriff gewertet werden.

Dagegen würde eine ganze Keramikserie sehr gut in die Region Genf, aber auch nach Graubünden passen. Schüsseln, Milchtöpfe und Vorratstöpfe (Toupine) für Schmalz sind klassische Produkte der Genferseeregion (z.B. der Töpferei Knecht) bzw. der Haute Savoie (Buttin/Pachoud-Chevrier/Faÿ-Hallé 2007; Buttin 2019) oder des Départements Jura in der Franche-Comte (Töpferort z.B. Nermier: Pétrequin/Monnier 1995).

Ein Steingutobjekte gilt es noch zu erwähnen. Eine grosser Eimer für Wasser oder Abwasser, dem der aus organischem Material bestehende Henkel fehlt, wurde bei Villeroy & Boch in Wallerfangen wohl im späten 19. Jahrhundert gefertigt. Er gehört eigentlich in den Kontext der Hygiene-Artikel (Waschsets oder Nachtgeschirre) und hat mit einer Zuckerbäckerei funktional wohl nichts zu tun.

Zum Schluss ist noch eine schwarze, schwarz glasierte Steingut-Kanne vorzustellen, die wohl ebenfalls einen Altbestand des Museums darstellt, aber im räumlichen Kontext der Zuckerbäckerei nachinventarisiert wurde. Es handelt sich laut dem Musterbuch I von Schramberg, Nr. 102 um eine «Kaffe-Kanne, englische Facon, gleichweit» oder Nr. 174 einen «Rahm Giesser, gleichweit mit Deckel». Das Musterbuch II, Nr. 1 bezeichnet eine identische Form als «Caffee-Kanne, gleichweit» (Staffhorst 2020). Gefässkeramik in Form von “schwarzem Steingut” gehört für die Schramberger Manufaktur zu den grossen Ausnahmeerscheinungen. Die Kanne ist das einzige in Graubünden belegte Exemplar.

Dank

Die CERAMICA-Stiftung dankt Bruna Ruinelli sehr herzlich für die gute Betreuung und Unterstützung der Dokumentationsarbeiten.

Bibliographie:

Bernerisches Koch-Büchlein 1749
Bernerisches Koch-Büchlein (Nachdruck 1970), Bern 1749.

Brunold-Bigler 1985
Ursula Brunold-Bigler, “Trukhs in die Mödel”: Bemerkungen zur Gebäckmodelsammlung des Rätischen Museums, in: Jahrbuch der Historisch-Antiquarischen Gesellschaft von Graubünden 115, 1985, 43-66.

Buttin 2019
Anne Buttin, La poterie – De terre et de feu, Magland 2019.

Buttin/Pachoud-Chevrier/Faÿ-Hallé 2007
Anne Buttin/Michèle Pachoud-Chevrier/Antoinette Faÿ-Hallé, La Poterie domestique en Savoie, Annecy 2007.

Decker/Haegel/Legendre u.a. 2003
Emile Decker/Olivier Haegel/Jean-Pierre Legendre u.a., La céramique de Soufflenheim. Cent cinquante ans de production en Alsace 1800-1950, Lyon 2003.

Demay 2003
Bernard Demay, Les moules à gâteaux, Bouxwiller 2003.

Heege 2009
Andreas Heege, Steinzeug in der Schweiz (14.–20. Jh.). Ein Überblick über die Funde im Kanton Bern und den Stand der Forschung zu deutschem, französischem und englischem Steinzeug in der Schweiz, Bern 2009.

Legendre/Maire 1996
Jean-Pierre Legendre/Jean Maire, La céramique de Soufflenheim (Bas-Rhin) du milieu du XIXe siècle au début du XXe siècle. Typologie de la production et éléments de chronologie, in: Cahiers Alsaciens d’archéologie, d’art et d’histoire 39, 1996, 139-170.

Martelli/Bianchetti/Volorio 2003
Alessandro Martelli/Gianfranco Bianchetti/Paolo Volorio, La manifattura delle ceramiche di Premia (1808-1862), Villadossola 2003.

Maurizio 1990
Remo Maurizio, Guida al museo di valle Ciäsa granda (Stampa, Val Bregaglia), Stampa 1990.

Morel 2000
Andreas Morel, Basler Kost. So kochte Jacob Burckhardts Grossmutter (178. Neujahrsblatt, herausgegeben von der Gesellschaft für das Gute und Gemeinnützige), Basel 2000.

Pétrequin/Monnier 1995
Pierre Pétrequin/Jean-Louis Monnier, Potiers Jurassiens. Ethno-archéologie d´un atelier du XIXe siècle, Lons-Le-Saunier 1995.

Staffhorst 2020
Andreas Staffhorst, Schramberger Steingut 1820-1882 (Schriftenreihe des Stadtarchivs und Stadtmuseums Schramberg 30), Schramberg 2020.

Trun, Museum Cuort Ligia Grischa (MCLG), versiun romontscha

Museum
Cuort Ligia Grischa
Via Principala 90 / Postfach 76
CH-7166 Trun
Tel.: 081 943 25 83
E-Mail: museum@trun.ch

Andreas Heege, 2021

Cheramica dil Museum Cuort Ligia Grischa en CERAMICA CH

Il Museum Cuort Ligia Grischa a Trun ei in dils bials dalla regiun e sesanfla en in edifeci historic e singulars dalla Surselva. El ei vegnius eregius igl onn 1679 entras la claustra da Mustér ed ha funcziunau biars decennis sco casa municipala per la Ligia Grischa. La sala d’uoppens, ni la sala da dertgira, ei senza dubi il bischu dalla casa. Suenter igl onn 1859 va igl edifeci, muort difficultads finanzialas dalla claustra, en mauns privats. Ils onns 1930-1934 ha giu liug ina pli gronda sanaziun. Igl onn 1932 sefuorma cun susteniment dil cantun, Confederaziun e vischnauncas, in comite iniziativ cun la finamira da segirar e mantener l’anteriura sedia dalla Ligia Grischa sco object historic. Igl onn 1934 vegn la fundaziun “Cuort Ligia Grischa” fundada ch’ei aunc oz la purtadra dil museum. Il baghetg vegn midaus en in museum. Quel muossa sper las exposiziuns d’art era co ei vegneva antruras viviu e luvrau ella regiun. Pader Notker Curti dalla claustra da Mustér ha gidau a tschentar la basa per la collecziun dil museum cun in diember d’impurtonts emprests. Ils onns 1989 tochen 1992 succedan renovaziuns fundamentalas.

La fundaziun ed il museum Cuort Ligia Grischa vegnan susteni finanzialmein entras il cantun Grischun, la vischnaunca da Trun ed entras l’uniun da fauturs dalla Cuort Ligia Grischa.

La collecziun da cultura populara cuntegn in mudest diember da cheramica. Deplorablamein lai ei buca eruir cu e co quella ei vegnida ella collecziun dil museum.
Ulteriuramein eisi buca pusseivel da documentar, schebein las cheramicas da Bugnei seigien vegnidas el museum cun agid da pader Notker Curti dalla claustra.

En tut dumbra la collecziun 37 objects da cheramica che laian reparter sil suandont diember da datas: 20 da tiaracotga, 1 faienza (miola cun glasura), 14 terraglia (Steingut), 1 rauba da crap (Steinzeug) ed 1 porcellana.

Tier la rauba da tiaracotga domineschan las cheramicas dil hafner Deragisch da Bugnei (secunda mesadad dil 19avel tschentaner ed entschatta dil 20avel tschentaner): ruogs da caffè cun e senza manetscha, vischals da pischada cun uvierchel, vischals cun duas manetschas cun in biutsch lad, era pil diever dalla groma; plinavon ina pintga cuppa ovala ch’ei cumbinada ord duas parts. Aschi admirabels tocs ein era d’anflar ella collecziun dalla claustra da Mustér.

Representada numerusamein ei era la vischala da glasura mangan cun ordinarias e raras fuormas da cheramica: plattas rodundas ed ovalas, sco era in fetg singular vischi da provisiun cun uvierchel sugl ur ora. Ord munconza d’indicaziun da marcas sto il liug da producziun restar aviarts.

Dad accentuar ein dil reminet ils dus exemplars da marca dad Ädermannsdorf, Cantun Soloturn, ch’ein vegni fabricai, sin fundament dalla marcaziun, suenter 1930. Surprendentamein sesanfla leutier ina tipic ruog da caffè cun venter, ch’ins attribuescha schiglioc adina bugen al temps denter 1850 e 1900. La producziun da quei tip vischi fetg schazegiaus el Grischun, succeda sur in liung temps ora, probabel tochen viaden ella secunda mesadad dil 20avel tschentaner.

Autra rauba da products da tiaracotga fetg derasai ein avon maun mo en in pign diember. Ei setracta denter auter d’ina platta dalla regiun Berneck, Vallada dil Rein, S. Gagl ed d’in vischi, che vegn plitost adossaus ad Andreas Lötscher, il secund vischler da Sogn Antönia. Quel sesanfla anzi lunsch el lontan digl territori da vendita (Portenza, Tavau tochen Landquart) da quella vischlaria.

Mo era ils ordinaris vischals da manetscha dil sid dalla Tiaratudestga, dalla regiun Augsburg, (19avel tschentaner) ein avon maun. Tocs singulars ein in boccalino gagl talian (producent nunenconuschent) ed ina honta da vin ord il luvratori da Wilhelm Kagel, jun. (1906-1987) da Partenkirchen en Baviera. Quel ha giu empriu il mistregn da vischler ella manufactura dils geniturs (Wilhelm Kagel, sen. 1867-1935), ha visitau la scola a Höhr-Grenzhausen e lu surpriu 1935 la vischlaria ensemen cun siu frar Eugen (cump. Frye 2006).

Da faienza/miola dat ei in sulet object, in vischi da selavar tipic talian dil 18avel tschentaner. In pendant dat ei ella collecziun dil museum dalla claustra a Mustér.

Tiella terraglia (Steingut) dat ei treis caracteristics naschors dil 20avel tschentaner. Quel da colur gaglia ei „Made in Italy“, e deriva ord il 19avel tschentaner tardiv ni entschatta dil 20avel. Ils loghens da producziun da quels sempels products industrials da massa ein nunenconuschents.

Ultra da quei dat ei rests da treis servis dil medem temps, inaga da Gien en Frontscha (decor restampau en tgietschen, muster FLEURETTE) e duas gadas da Villeroy & Boch (muster BRYONIA e REDOWA).

La suletta honta da rauba da crap (Steinzeug) „Westerwälder Art“ e ina fuorma usitada en Svizra.

Auter vesa ei ora cun ils dus entscheins japanes dall’emprema mesadad dil 20avel tschentaner. Ei setracta d’ina porcellana gaglia e sulerada dil marcau da Satsuma, dalla prefectura Kagoshima. Sin tgei via ch’els ein pomai arrivai ella collecziun a Trun ei incert.

Engraziament

La Fundaziun CERAMICA engrazia alla presidenta dalla fundaziun Justina Simeon-Cathomas ed alla emploiada dil museum Oliva Pfister pil sustegn survetscheivel ed amicabel duront las lavurs d’inventarisaziun.

Translaziun Tarcisi Hendry

Bibliografia:

Betz 1996
Jutta Betz, Trun, Cuort Ligia Grischa – Museum Sursilvan (PEDA-Kunstführer 364), Passau 1996.

Fry 1954
Karl Fry, Das Trunser Heimatmuseum (Cuort Ligia Grischa), in: Bündner Monatsblatt, Zeitschrift für Bündner Geschichte, Landeskunde und Baukultur, 1954, 46-48.

Frye 2006
William R. Frye, Wilhelm Kagel – Kunsthandwerkliche Werkstätten Keramik-Manufaktur 1906-1988 Partenkirchen, Garmisch-Partenkirchen 2006.

Gieri 1976
Vincenz Gieri, Führer durch das Heimatmuseum Trun, Mustér 1976.

Trun, Museum Sursilvan, Cuort Ligia Grischa (MCLG)

Museum
Cuort Ligia Grischa
Via Principala 90 / Postfach 76
CH-7166 Trun
Tel.: 081 943 25 83
E-Mail: museum@trun.ch

Keramik des Museums Cuort Ligia Grischa in CERAMICA CH

Das Museum Cuort Ligia Grischa in Trun ist eines der schönsten und historisch auffälligsten Gebäude der Surselva. Es wurde im Jahre 1679 im Auftrag des Klosters Disentis errichtet und diente als Rathaus des Grauen Bundes. Der Wappensaal, oder auch Landrichtersaal genannt, ist das Herzstück des Hauses. Nach 1859 gelangte das Gebäude, wegen finanzieller Schwierigkeiten des Klosters Disentis, in Privatbesitz. In den Jahren 1930-1934 musste es umfassend saniert werden. 1932 wurde daher ein Initiativkomitee mit Unterstützung von Kanton, Bund und Gemeinden gegründet mit dem Zweck, den ehemaligen Sitz des Grauen Bundes als historisches Denkmal für die Öffentlichkeit zu sichern und zu erhalten. 1934 wurde schliesslich die Stiftung «Cuort Ligia Grischa» errichtet, die noch heute Trägerin des Museums ist. Das Gebäude wurde in ein Museum umgewandelt. Dieses zeigt neben Kunstausstellungen u.a. wie früher in der Region gelebt und gearbeitet wurde (Volkskundliche Sammlung). Pater Notker Curti vom Kloster Disentis half durch eine Anzahl wichtiger Leihgaben den Grundstock der Museumssammlung zu bilden. In den Jahren 1989 bis 1992 folgten grundlegende Renovierungsarbeiten.

Die Stiftung und das Museum Cuort Ligia Grischa werden finanziell unterstützt durch den Kanton Graubünden, die Gemeinde Trun und den Gönnerverein Cuort Ligia Grischa.

Die volkskundliche Sammlung beinhaltet auch einen kleinen Bestand an Keramik, bei dem im Einzelnen leider nicht nachvollzogen werden kann, wie und wann er in die Museumssammlung gelangte. Bedauerlicherweise kann auch nicht belegt werden, ob z.B. die Keramiken aus Bugnei auf dem Weg über Pater Notker Curti in das Museum kamen.

Insgesamt umfasst die Sammlung 37 Keramikobjekte, die sich auf die folgende Anzahl Datensätze verteilen: 20 Irdenware, 1 Fayence, 14 Steingut, 1 Steinzeug, 1 Porzellan.

Bei den Irdenwaren dominieren Keramiken der Hafner Deragisch aus Bugnei (zweite Hälfte 19. und frühes 20. Jahrhundert): Kaffeekannen mit und ohne Bügelhenkel, Butterdosen mit Deckel, Doppelhenkeltöpfe mit breitem Ausguss, die funktional wohl als Rahmtöpfe anzusprechen sind, und eine kleine, spitzovale Schale, die aus zwei Teilen zusammengesetzt wurde. Solche merkwürdigen Stücke fanden sich bereits in der Sammlung des Klostermuseums Disentis.

Zahlreicher vertreten ist auch manganglasiertes Geschirr mit üblichen und seltenen Keramikformen: runde und ovale Platten sowie einem bislang singulären Stülpdeckel-Vorratstopf. Mangels Marken muss der Produktionsort meist offen bleiben.

Hervorzuheben ist jedoch, dass auch zwei gemarkte Exemplare aus Aedermannsdorf, Kanton Solothurn vorliegen, die aufgrund der Marken wohl nach 1930 gefertigt worden sein dürften. Erstaunlicherweise befindet sich darunter eine der typischen bauchigen Kaffeekannen, die man ansonsten immer gerne zwischen 1850 und 1900 eingeordnet hätte. Die Produktion dieses in Graubünden sehr beliebten Gefässtyps läuft demnach über einen erstaunlich langen Zeitraum bis vermutlich in das zweite Drittel des 20. Jahrhunderts.

Andere, sonst in Graubünden häufige Irdenware-Produktionsorte sind nur mit geringen Stückzahlen vertreten. Unter anderem handelt es sich um eine Platte aus der Region Berneck im St. Galler Rheintalund eine Schüssel, die Am ehesten Andreas Lötscher, dem zweiten Hafner von St. Antönien zugeschrieben werden kann. Sie befindet sich weit ausserhalb des ursprünglichen Absatzgebietes dieser Töpferei (Prättigau, Davos bis Landquart).

Aber auch die üblichen süddeutschen, hellscherbigen Henkeltöpfe der Region Augsburg (19. Jh.?) sind vorhanden. Singuläre Stücke sind ein bunter italienischer Boccalino (unbekannter Produzent) und eine Weinkanne aus der Werkstatt von Wilhelm Kagel, jun. (1906-1987) im bayerischen Partenkirchen. Dieser erlernte 1924-1926 das Töpferhandwerk im elterlichen Betrieb (Wilhelm Kagel, sen. 1867-1935), besuchte die Werkschule in Höhr-Grenzhausen und übernahm 1935 zusammen mit seinem Bruder Eugen die Töpferei (vgl. Frye 2006).

Fayence ist nur mit einem einzigen Objekt belegt, einem typischen, italienischen Weihwasserbecken des 18. Jahrhunderts, zu dem es ein gutes Gegenstück in der Sammlung des Klostermuseums Disentis gibt.

Beim Steingut fanden sich drei charakteristische Nachttöpfe des 20. Jahrhunderts, von denen der buntbemalte “Made in Italy” ist, also wohl aus dem späten 19. oder frühen 20. Jh. stammt. Die Herstellungsorte dieser einfachen, industriellen MAssenware sind unklar.

Ausserdem gibt es die Reste dreier Service, derselben Zeitstellung, einmal aus Gien in Frankreich (roter Umdruckdekor, Muster FLEURETTE) und zweimal von Villeroy & Boch (Muster BRYONIA und REDOWA).

Die einzelne Kanne aus Steinzeug “Westerwälder Art” ist in der Schweiz eine gängige Form.

Anders sieht es mit den zwei japanischen Räuchergefässen der ersten Hälfte des 20. Jahrhunderts aus. Es handelt sich um bunt bemaltes und vergoldetes Porzellan aus der Stadt Satsuma in der Präfektur Kagoshima. Auf welchem Weg sie in die Sammlung gelangten, ist unklar.

Dank

Die CERAMICA-Stiftung dankt der Stiftungspräsidentin Justina Simeon-Cathomas und der Museumsmitarbeiterin Olivia Pfister für die freundliche und hilfsbereite Unterstützung der Inventarisationsarbeiten.

Bibliographie:

Betz 1996
Jutta Betz, Trun, Cuort Ligia Grischa – Museum Sursilvan (PEDA-Kunstführer 364), Passau 1996.

Fry 1954
Karl Fry, Das Trunser Heimatmuseum (Cuort Ligia Grischa), in: Bündner Monatsblatt, Zeitschrift für Bündner Geschichte, Landeskunde und Baukultur, 1954, 46-48.

Frye 2006
William R. Frye, Wilhelm Kagel – Kunsthandwerkliche Werkstätten Keramik-Manufaktur 1906-1988 Partenkirchen, Garmisch-Partenkirchen 2006.

Gieri 1976
Vincenz Gieri, Führer durch das Heimatmuseum Trun, Mustér 1976.

Valchava, Chasa Jaura (CJV)

Chasa Jaura, Val Müstair
Museum-Art-Cultura
Bauorcha 17
CH 7535 Valchava/Val Müstair
Tel.: +41 (0)81 858 53 17
Tel.: +41 (0)79 574 05 94
E-Mail: info@chasajaura.ch

Keramik der Chasa Jaura in CERAMICA CH

Das Museum Chasa Jaura, auch Talmuseum Münstertal, ist eine 1973 in Valchava eröffnete Kulturstätte. Sie befindet sich in einem über 300 Jahre alten Engadinerhaus und stellt gleichzeitig ein Heimatmuseum und ein Kunstmuseum dar. In der Chasa Jaura, einem der schönsten Bauernhäuser des Val Müstair, erhält der vergangene Alltag eine packende Gegenwart. Das Museum wird vom VEREIN CHASA JAURA getragen, der 1971 gegründet wurde. Er bezweckt kulturell, historisch, linguistisch, wissenschaftlich und künstlerisch wertvolle Objekte und Dokumente der Val Müstair und ihrer Beziehung zur Aussenwelt zu sammeln und zu konservieren, die Chasa Jaura als Ort des kulturellen Austausches und der Begegnung zu erhalten und zu pflegen und die Erforschung der Kulturgüter der Val Müstair zu fördern und dabei Vergangenheit, Gegenwart und Zukunft zu berücksichtigen.

Die im Museum zusammengetragenen Alltagsobjekte stammen weitestgehend aus dem Münstertal. Weitergehende Inventarinformationen liegen nicht vor. Insgesamt konnten 41 Keramiken dokumentiert werden (17 Irdenware, 20 Steingut, 1 Steinzeug, 3 Porzellan).

Bei den Irdenwaren finden sich, mit einer Ausnahme, die üblichen Vertreter des späten 19. und der ersten Hälfte des 20. Jahrhunderts.

Angesichts der Nähe zu Südtirol erstaunt es nicht, dass sich in der Museumssammlung auch eine Pustertaler Schüssel der ersten Hälfte des 19. Jahrhunderts befindet, die mit Malhorn- und Spritzdekor ansehnlich verziert ist.

 

Alle übrigen Schüsseln stellen Produkte mit scharfkantigen Kragenrändern aus der Produktion von Berneck SG dar.

Aus derselben Region stammen auch späte Henkeltöpfe (Milchtöpfe).

Die letzte Entwicklungsstufe der grossen Schüsseln repräsentieren Stücke, die meist wohl über einem Gipskern mit einer Schablone überdreht worden sind. Ihre Ränder sind daher nicht mehr unterschnitten, sondern massiv-dreieckig. Zusätzlich tragen diese Schüsseln der zeit zwischen etwa 1920/1930 und 1950 oft auf der Innenseite einen Schablonendekor, der mit der Spritzpistole aufgebracht wurde. Leider konnte bis heute keine gemarkte Schüssel dieses Typs aufgefunden werden, sodass wir nicht einmal wissen, ob es sich um schweizerische Keramik oder Importe handelt.

Charakteristisch für die zweite Hälfte des 19. Jahrhunderts ist das sog. manganglasierte Geschirr, das in den meisten Fällen keine Fabrik- sondern nur eine Grössenmarke (Blindmarke, Zahlen 1-12) trägt. Aufgrund weniger gemarkter Stücke und aufgrund von Archivalien ist jedoch kalr, dass wir es hier regelhaft mit deutschschweizerischen Produkten der Region Kilchberg-Schooren ZH, Schafhausen SH oder Matzendorf-Aedermannsdorf SO zu tun haben.

Typisch für das späte 19. und frühe 20. Jahrhundert sind auch zylindrische Vorrats- und Einmachgefässe, die gelegentlich eingestempelte Volumenangaben (Literangaben) aufweisen. Sie wurden offenbar von zahlreichen Hafnereien auch sehr lokal hergestellt, wobei sie in Graubünden wohl Import aus der übrigen Deutschschweiz darstellen dürften.

Zu den Importeuren von feuerfestem Geschirr (Kochkeramik) gehört in den 1930er-1950er-Jahren auch die Firma Chapuis & Cie SA aus Bonfol im Kanton Jura, deren gemarkte Produkte sich gelegentlich in Graubünden nachweisen lassen. Im vorliegenden Fall handelt es sich um eine typische, innen weiss engobierte Schüssel (Auflaufform?).

Selbstverständlich fehlt im Val Müstair auch das typische lehmglasierte Braungeschirr nicht, das wohl aus Deutschland importiert wurde. Es ist ein “Leitfossil” des ganz späten 19. und der ersten Hälfte des 20. Jahrhunderts. Diese Keramik wurde wegen ihrer angeblich bleifreien Glasur auch als “Gesundheitsgeschirr” vermarktet.

Steingut ist wie üblich mit unterschiedlichsten Herstellern vertreten.

Ungemarkte Stücke lassen sich nur in seltenen Ausnahmefällen eindeutig einem Produzenten zuweisen, da im 19. Jahrhundert alle Fabriken systematisch voneinander die Formen und Dekore kopierten.

Es gibt jedoch auch Ausnahmen. So lässt sich eine Terrine, trotz fehlender Fabrikmarke, aus typologischen Gründen doch eindeutig der Manufaktur von Johannes Scheller in Kilchberg-Schooren ZH zuweisen. Sie entstand zwischen 1846 und 1869.

Die zeitgleichen grossen Konkurrenten sind die süddeutschen Manufakturen Schramberg und Zell am Harmersbach, deren Produkte sich überall in Graubünden finden.

Hygienegeschirr aus Steingut wurde im frühen 20. Jahrhundert meist aus Deutschland oder Frankreich eingeführt, wobei die grossen Fabriken, in diesem Fall Villeroy & Boch, Wallerfangen, dominieren.

Kaffeegeschirr, Tassen, Untertassen, Ohrenschalen, Bol etc. kamen oft aus Frankreich, wobei die Firma Utzschneider & Cie aus Sarreguemines (Saargemünd) immer am häufigsten nachweisbar ist. Die dort gefertigten einfachen Blumendekor, lassen sich meist kaum von den zeitgleichen Produkten anderer Hersteller z.B. auch aus der Schweiz unterscheiden.

Daneben fanden sich auch Einzelstücke, z.B. aus England (Staffordshire, Stoke-on-Trent, Minton & Co. 1901) oder aus dem bayerischen Passau (Passauer Porzellanfabrik, um 1937-1942).

Unklar ist aufgrund fehlender Inventareinträge, wie ein grösserer Servicerest der Gefle Porslinsfabrik AB aus Schweden (um 1937-1945) den Weg ins Val Müstair gefunden hat.

Eine Besonderheit bildet aufgrund der leuchtend weinroten Glasur ein Tintengeschirr, der Steingutfabrik Adolf Bauer aus Magdeburg-Neustadt (um 1890-1910). Es dürfte wohl als “Historismus-Majolika” anzusprechen sein.

Steinzeug ist im Museum nur mit einem charakteristischen Vorratsgefäss des frühen 20. Jahrhunderts vertreten.

Porzellan ist nur mit wenigen Stücken eines Service aus dem frühen 20. Jahrhundert in der Sammlung vertreten. Das Haushaltswarengeschäft Th. Meyer-Buck & Co. aus Zürich, dekorierte offenbar auf Kundenwunsch ein weisses Geschirr des französischen Herstellers Théodore Haviland aus Limoges mit Aufglasur-Druckdekoren. Th. Meyer-Buck & Co. war ein grosses Haushaltswarengeschäft in Zürich, Zu Schiffleuten bzw. Kirchgasse 5. Die Firma lässt sich im SHAB zwischen 1883 und 1956 nachweisen.

Dank

Die CERAMICA-Stiftung dankt dem VEREIN CHASA JAURA, vor allem den Herren Marco R. Gilly und Hans Tinner, sehr herzlich für die freundliche Unterstützung der Inventarisationsarbeiten.

Vals, Heimatmuseum Gandahus (GhV)

Heimatmuseum Gandahus
Treua
7132 Vals
Besuch nur per Anmeldung:
Tel.: +41 (0)81 9207070

Keramik des Gandahus in CERAMICA CH

Andreas Heege, 2021

Das Gandahus stellt den ältesten Typus des Valser Holzhauses dar und ist als solcher, allerdings 1945 umgesetzt und 1947 als Heimatmuseum eröffnet, weitgehend erhalten geblieben. Im historischen Wohnhaus aus dem 16. Jahrhundert und dem benachbart aufgestellten Zerfreila-Spicherli (1779) beherbergt das Museum eine heimatkundliche Sammlung zur Kulturgeschichte der Walser im Valsertal. Präsentiert werden Exponate zu den Themen Möbel, Hausrat und Keramik, Jagd und Textilien. Religion und Brauchtum werden anhand von historischen Objekten aus dem Tal ebenso vorgestellt wie die alpine Landwirtschaft und verschiedenes Handwerk.

Insgesamt konnten 37 Keramiken, Heiligenfiguren und Weihwasserbecken dokumentiert werden: 21 Gefässe und Objekte aus Irdenware, 6 Stücke aus Steingut und 10 Objekte bzw. Gefässe aus Porzellan. Alle diese Objekte wurden erst ab 1990 gesammelt, was vermutlich die Zusammensetzung des Keramikinventars erklärt. Zwischen 1946 und 1989 kamen überwiegend hölzerne oder metallene Gerätschaften und Textilien in die Sammlung des Museums.

Bei den Irdenwaren finden sich einige wenige Stücke, die im späten 19. Jahrhundert in Berneck SG entstanden sind.

Typisch ist auch das Vorkommen von Milchtöpfen, die aus der Genferseeregion bzw. der französischen Haute Savoie nach Graubünden importiert wurden. Sie datieren in die Zeit nach 1900.

Ein einzelner Flachdeckel könnte nach Form und Machart auch in einer Töpferei in Graubünden entstanden sein.

Manganglasiertes Geschirr ist nur mit einem einzigen Milchtopf mit Deckel, einer typischen Steingut- oder Fayenceform vertreten. Leider ist das Stück nicht gemarkt. Es dürfte aber aus einer der Manufakturen am Zürichsee stammen.

In die Zeit ab etwa 1930 dürfte eine grössere Anzahl an Geschirren gehören, die aufgrund einer feinen Grundengobe “rosafarben” erscheinen. Meist tragen die Stücke einen Pinseldekor, es kommen aber auch Schablonendekore vor. In der Regel fehlt eine Herstellermarke.

Aufgrund eines charakteristischen Blumendekors, der mit einem Gummistempel aufgebracht wurde, kann eine Schüssel der Landert-Keramik aus Embrach im Kanton Zürich zugeordnet werden.

Beim Steingut fanden sich Stücke aus Hornberg (Gebrüder Horn, Steingutfabrik bzw. Steingutfabrik Hornberg AG, um 1900-1920) und aus Sarreguemines (Utzschneider & Cie).

Das Haushaltswarengeschäft G. Kiefer & Cie. (1849-1982) aus Basel lies um 1910/1920 Steingut mit seiner Marke in Staffordshire, Stoke-on-Trent, Burslem bei Royal Doulton fertigen.

Eine kleine Steingut-Dose aus Italien (Fabriano oder Pesaro?) wurde in Flechtwerktechnik hergestellt. Der zugehörige Steckdeckel trägt Blüten- und Blättchen-Auflagen und farbige Pinselbemalung. Die Dose entstand im frühen 20. Jahrhundert und wurde von einem Bürger aus Vals dem Museum geschenkt.

Eine besonders schön bemalte Porzellanterrine aus dem frühen 19. Jahrhundert ist leider ungemarkt. Sie wurde möglicherweise in Frankreich hergestellt.

Aus der Porzellanfabrik Carl Tielsch & Co. in Waldenburg-Altwasser (heute Stary Zdrój, Woiwodschaft Niederschlesien), stammt ein typisch verziertes und mit einem Spruch versehenes Tablett der 1920er-Jahre.

Da Vals zu den katholischen Gemeinden Graubündens gehört finden sich auch entsprechende Devotionalien in der Museumssammlung.

Die enge religiöse Verbindung zum Kloster Einsiedeln spiegelt sich auch in den vorhanden kleinen Madonnenfiguren.

Eine Besonderheit aus der Gemeinde Vals sind vier Totenkästchen (Totachaschtli) mit Papierblumen und betenden Engeln aus Porzellan. Diese wurden von der Patin/dem Paten der Familie zum Gedenken an früh verstorbene Kinder geschenkt. Die vier Kästchen für vier Kinder einer Familie aus den Jahren 1905, 1906 und 1913 dokumentieren auch eindrucksvoll die hohe Kindersterblichkeit noch zu Beginn des 20. Jahrhunderts.

Dank

Die CERAMICA-Stiftung dankt den Verantwortlichen für das Museum, allen voran Markus Jörger, sehr herzlich für die gute und vertrauensvolle Zusammenarbeit und die Möglichkeit der Dokumentation.

Bibliographie:

Jörger 1945
Johann Benedikt Jörger, Das “Gandahus” in Vals, in: Heimatschutz. Zeitschrift der Schweizer. Vereinigung für Heimatschutz, 1945, 125-128.

Jörger 1954
Johann Benedikt Jörger, Das “Gandahus” in Vals, in: Bündner Monatsblatt, Zeitschrift für Bündner Geschichte, Landeskunde und Baukultur, 1954, 30-35.

Tönz 1976
Lydia Tönz, Das “Gandahus” – ein Heimatmuseum in Vals, in: Jahresbericht der Walservereinigung, 1976, 8-13.

Vaz/Obervaz, Museum der Region Lenzerheide (MVO)

Museum Vaz-Obervaz
Voa da Soli 2
7082 Vaz/Obervaz
Tel.:  +41 82 385 21 59
E-Mail: mail@museumvaz-lenzerheide.ch; museum.vaz@bluewin.ch

Keramik des Museums Vaz/Obervaz-Zorten in CERAMICA CH

Andreas Heege, 2021

Das Museum Vaz-Obervaz ist das Museum der Ferienregion Lenzerheide. Es verbindet in seinen Ausstellungen Geschichte, Kultur, Handwerk und Kunst. Die Dauerausstellung ist dem Leben und Werken in vergangenen Tagen, dem regionalen Brauchtum und den Traditionen gewidmet. Im Stall des Museums wurde die alte Dorfmühle von Zorten wieder funktionsfähig aufgebaut.

1982 kaufte die politische Gemeinde Vaz-Obervaz das einstige Kapuzinerhospiz und ehemalige Pfarrhaus der Kirchengemeinde. Am 28. August 1985 wurde der Verein Museum Vaz-Obervaz gegründet. Er bezweckt die Förderung des Museums Vaz-Obervaz, insbesondere die Beschaffung von Gegenständen, die Durchführung von Ausstellungen und Mitwirkung bei der Einrichtung und Betreuung des Museums. Nach ersten Umbauten und Restaurationen, wurde im Jahr 1989 das Museum eröffnet. Verein und Gemeinde sind heute gemeinsam Träger des Museums, das sich in den letzten Jahren aufgrund von namhaften Schenkungen auch vermehrt der Kunst geöffnet hat.

Die keramische Museumssammlung speist sich aus unterschiedlichen Schenkungen und Ankäufen und spiegelt die eingeschränkten Möglichkeiten eines Lokalmuseums beim Aufbau einer Sammlung ab den späten 1980er-Jahren. Die Masse der Objekte stammt aus der Gemeinde oder dem bündnerischen Umfeld, nur wenige Stücke gehören zur Schenkung einer Zürcher Bürgerin.

Insgesamt konnten 120 Keramiken dokumentiert und fotografiert werden. 73 Objekte gehören zu den einfachen Irdenwaren, 2 zur Fayence, 17 zum Steingut, 2 zum Steinzeug und 26 zum Porzellan. Die ältesten Objekte stammen aus der zweiten Hälfte des 19. Jahrhunderts. 70 von 120 Keramiken datieren in die erste Hälfte des 20. Jahrhunderts.

Im Folgenden werden für jede Grosswarenart eine Reihe von Objekten vorgestellt.

Unter den Irdenwaren gibt es nur einen einzigen Doppelhenkeltopf, den man gerne einem unbekannten Produktionsort in Graubünden zuschreiben würde. Gute Vergleichsbeispiele verwahrt das Rätische Museum. Das Stück ist ein Geschenk aus Vaz/Dal und datiert möglicherweise in die zweite Hälfte des 19. Jahrhunderts.

Die Keramik aus Berneck SG ist mit zahlreichen Gefässen vertreten, wobei Schüsseln und Röstiplatten, Milchtöpfe und Tassen besonders hervorstechen. Aus stilistischen Gründen dürfte bei einigen Stücken die Entstehungszeit wohl erst im ersten Drittel oder der ersten Hälfte des 20. Jahrhunderts liegen.

Vertikal- und Horizontalstreifendekore sind typisch für das späte 19. Jahrhundert. Hellblaue Grundengoben kommen in der Masse erst nach 1900 vor.

Objekte mit Edelweissdekoren sind in der Regel erst in die Zeit nach der Landesausstellung 1883 in Zürich zu datieren. Kannen mit dicken Punktmustern kommen ab etwa 1850 auf, sind dann aber vor allen Dingen in der ersten Hälfte des 20. Jahrhunderts beliebt.

Einige wenige Milchtöpfe stammen aufgrund ihrer Form, ihres Dekors und der schwach gelblichen Glasur aus der Genferseeregion bzw. Frankreich (Haute Savoie).

Auch süddeutsche Keramiken sind belegt, u.a. eine Backform für Gugelhupf.

Manganglasiertes Geschirr, das in zahlreichen Manufakturen und Hafnereien der Deutschschweiz hergestellt wurde ist typischerweise mit unterschiedlichen Kannenformen vertreten, wobei eine Kanne eine phantasievolle Reparatur mit einem Holzhenkel aufweist.

Lehmglasiertes Braungeschirr “Bunzlauer Art”, das ab dem späten 19. Jahrhundert den schweizerischen Markt erreicht, wird durch unterschiedliche Henkeltöpfe und auch eine Kaffeekanne repräsentiert.

Jüngere Produkte aus dem 20. Jahrhundert tragen Marken der Töpferei Otto Dünner AG oder der Tonwarenfabrik Dünner AG, in Kradolf-Schönenberg, Kanton Thurgau oder der Landert Keramik in Embrach, Kanton Zürich.

Charakteristisch für die Zeit zwischen etwa 1930 und 1950 sind Geschirre, die aufgrund einer feinen Engobe unter der Glasur rosafarbig wirken. Sie tragen oft einen Schablonen- oder Pinseldekor und sind nie gemarkt, sodass wir bis heute nicht wissen, ob es sich um schweizerische oder ausländische Produkte handelt. Es ist denkbar, dass diese Keramiken überwiegend über den Versandhandel, z. B. über die Verkaufskataloge der Jelmoli-Kette vertrieben wurden.

Fayencen sind im Sammlungsbestand ausgesprochen selten. Eine Vase, deren Hersteller nicht identifiziert werden konnte, ist offenbar eine Auftragsarbeit (Werbegeschenk?) für das Hotel Schweizerhof Lenzerheide. Das zweite Stück ist eine Teekanne aus der Manufaktur von Charles de Boissimon in Langeais, Frankreich, die entgegen dem typologischen Ersteindruck und der Datierung der Marke (1767) erst zwischen etwa 1880 und 1900 entstand. Sie stammt aus einer Zürcher Sammlung.

Steingut ist variantenreich vorhanden. Von den schweizerischen Herstellern lassen sich die Zieglersche Tonwarenfabrik in Schaffhausen und die Steingutfabrik von Möhlin im Kanton Aargau belegen.

Terrinen und Schüsseln kommen von Villeroy & Boch aus dem Saarland, von der Wilhelmsburger Steingut- und Porzellanfabrik AG in Niederösterreich oder von einer Fabrik aus Mailand.

Kaffee- und Tischgeschirr ist mit zahlreichen Stücken aus der Produktion von Utzschneider & Cie im französischen Saareguemines belegt.

Aus Zell am Harmersbach in Baden-Württemberg stammt als seltene Form eine einzelne Schüssel eines Essensträger-Schüsselsatzes.

Waschkannen, zu denen keine zugehörigen Handwaschbecken vorhanden sind, stammen aus Wallerfangen bzw. von der Steingutfabrik Staffel in Limburg an der Lahn in Hessen. Es handelt sich um typische Exemplare des frühen 20. Jahrhunderts.

In der Wächtersbacher Steingutfabrik GmbH in Schlierbach bei Wächtersbach, Hessen wurden zwei runde Steingutplatten mit Blumenmotiven produziert, die anschliessend mit Metalleinfassungen in eine kleine Schale bzw. einen Untersetzer verwandelt wurden. Aufgrund der rückseitigen Marken ist eine Produktion im Jahr 1895 oder 1907 anzunehmen.

Steinzeug ist nur mit einer grösseren Serie der typischen Doppelhenkeltöpfe aus dem Westerwald oder aus dem Elsass vorhanden.

Beim Porzellan wird die regionale Bedeutung des Haushaltswarengeschäftes Killias & Hemmi aus Chur bzw. Davos-Platz besonders deutlich. Vermutlich bezog das Geschäft Weissporzellane verschiedener Hersteller und dekorierte sie im Kundenauftrag.

Zu den Kunden gehörte auch das Hotel Schweizerhof, Lenzerheide.

Von einer Sammlerin aus Zürich wurden eine Reihe von Porzellanobjekten angekauft, die keinen Bezug zum Ort und der umliegenden Region haben. Sie seien hier nur ausschnitthaft gezeigt.

Häufiger sind in Graubünden französische Porzellane der Firma Adolphe Hache & Cie in Mehun-sur-Yevre (Arr. Vierzon), Centre-Val de Loire, Dép. Cher zu finden,in vorliegenden Fall eine kleine Terrine oder Suppentasse und ein Zündholzstein.

Zum Altbestand der Museumssammlung gehört auch ein kleines Tablett der Porzellanfabrik Charles Martin, Limoges, Nouvelle-Aquitaine, Dép. Haute-Vienne, Frankreich. Es datiert in die Zeit um 1900-1920.

Dank

Die CERAMICA-Stiftung dankt der Museumskuratorin Birgit Parpan und dem Präsidenten des Museumsvereins Urs V. Feubli sehr herzlich für die freundliche Unterstützung der Dokumentationsarbeiten.

 

Vuorz, Arcun da tradiziun (ATV)

Cadruvi 7
7158 Waltensburg/Vuorz
E-Mail: info@waltensburger-meister.ch
Tel.: 081 936 2200, 079 136 3532

Keramik aus der Arcun da tradiziun Vuorz in CERAMICA CH

Andreas Heege, 2021

In Waltensburg beherbergt die Casa Cadruvi (erbaut 1580) seit 2012/2013 sowohl eine Ausstellung zu den berühmten Fresken des Waltensburger Meisters aus der benachbarten Kirche, als auch eine heimatkundliche Sammlung (Arcun da tradiziun Vuorz) von Gebrauchsgegenständen aus der Region, vornehmlich aus dem 19. Jahrhundert.

Die heimatkundliche Sammlung entstand in den 1960er Jahren auf Initiative des Dorfpfarrers Martin Cavegn. Er organisierte 1964 eine Ausstellung mit alten Gegenständen aus Waltensburg/Vuorz und konnte so die Einheimischen über den historischen Wert dieser Gegenstände aufklären. Diese Ausstellung führte zur Gründung des Dorfmuseums. Ziel war es unter anderem, dem Verkauf von Möbeln, Werkzeugen und Alltagsgegenständen an auswärtige Händler etwas entgegenzusetzen. Das Museum sollte eine Bereicherung für das Dorf bedeuten und Teil der dörflichen Geschichtsschreibung sein. Zunächst wurden im ehemaligen Gerichtsgebäude zwei Räume gemietet. 1985 erfolgte der Umzung an den heutigen Standort in die unterste Wohnung der Casa Cadruvi. Diese Räume stellte die Gemeinde dem Museum zur Verfügung. 2012 wurde die Ausstellungsfläche des Arcun da tradiziun wegen der Eröffnung des “Museums Waltensburger Meister” verkleinert. Neu wechselt jetzt die Ausstellung regelmässig ihr Aussehen, indem mit Sonderausstellungen Schwerpunkte gesetzt werden. Bisher wurden Ausstellungen zu Lebensmitteln und deren Gewinnung im bäuerlichen Umfeld, zur Volksschule in Waltensburg/Vuorz und zur lebendigen Tradition der Bildergeschichten vom Waltensburger Meister bis heute gezeigt. Das Museum wird von der Gemeinde Waltensburg/Vuorz getragen und von einer Museumskommission geleitet, deren Mitglieder vom Gemeindevorstand gewählt werden.

Als Ortsmuseum sammelt das Arcun da tradiziun schwerpunktmässig Gegenstände aus Waltensburg/Vuorz und seiner näheren Umgebung, d.h. Objekte, die im Dorf hergestellt oder genutzt wurden. Ausserdem werden Gegenstände aufgenommen, die im Besitz einer im Dorf ansässigen Person, Familie oder Institution gewesen sind oder Objekte von auswärts mit einer Beziehung zum Dorf, z. B. durch Personen, die abgewandert sind. Dabei muss die Beziehung zum Dorf dokumentiert werden können.

Aufgrund der Sammlungsschwerpunkte befinden sich natürlich auch keramische Gegenstände in der Sammlung, die sich gesamthaft sehr gut in die übliche Museumsüberlieferung Graubündens einfügt und daher nur wenige Überraschungen bietet. Es handelt sich gesamthaft um 63 Objekte: 2 Fayencen, 25 Irdenwaren, 22 Steingut, 1 Steinzeug und 13 Porzellane.

Das älteste Stück der Sammlung, eine kleine Schüssel mit flüchtig gemaltem, blauem IHS stammt wohl aus Norditalien und wurde in der zweiten Hälfte des 18. Jahrhunderts gefertigt. Sowohl die Tatsache, dass es sich um eine Schüssel handelt, als auch der IHS-Dekor, sind für italienische Fayencen in Graubünden sehr typisch.

Beim zweiten Fayenceobjekt handelt es sich um eine Leitform der ersten Hälfte des 19. Jahrhunderts, einen Teller mit Schuppenrand. Vermutlich ist er in Kilchberg-Schooren am Zürichsee entstanden, jedoch fertigten auch andere süddeutsche Fayencemanufakturen (z.B. Durlach in Baden) sehr ähnliche Teller und Dekore, weshalb die Zuordnung etwas unsicher bleiben muss.

Unter den Irdenwaren finden sich die üblichen in Graubünden weit verbreiteten Gruppen. Zum einen handelt es sich um Keramiken “Heimberger Art” mit Malhorndekor, die wohl durchweg in der Region Berneck SG in der zweiten Hälfte des 19. und des frühen 20. Jahrhunderts gefertigt wurden. Zumeist handelt es sich um Schüsseln und Platten mit scharfkantigem Kragenrand, Terrinen sowie Milchtöpfe, die auch mit Farbkörper in der Grundengobe vorkommen.

Hervorzuheben ist eine hübsche kleine Teekanne, die in ihrer Gestaltung auch direkt aus Heimberg-Steffisburg im Kanton Bern stammen könnte, jedoch gibt es derzeit für einen Keramikhandel über diese Distanzen keinen gesicherten Beleg.

Die Keramik aus der Genfersee-Region ist mit einem typischen Henkeltopf vertreten, der mit einer einfachen Tulpe bemalt ist.

Aus dem süddeutschen Raum, vermutlich dem Grossraum Augsburg, stammen typische hellscherbige Irdenwaren, die wohl dem 19. Jahrhundert zugeordnet werden können. Sie tragen entweder eine gelbliche oder manganschwarze Glasur und manchmal grünen Spritzdekor. Vorhanden sind die typischen Formen: Kaffeekanne und Kochtopf mit oberrandständigen Henkeln.

Gut vertreten ist auch manganglasiertes Geschirr des 19. Jahrhunderts in unterschiedlichen Qualitäten, die belegen, dass offenbar neben den Produktionsbetrieben in Kilchberg-Schooren weitere Hersteller den Markt bedienten. Vorhanden sind bauchige Kannen, birnbäuchige Kaffeekannen, Teller mit reliefiertem Rand, ovale Platten und Terrinen.

Ab dem späten 19. Jahrhundert findet auch Braungeschirr mit seiner charakteristischen, angeblich bleifreien Lehmglasur, einen Markt in der Schweiz. Die Hersteller sind unbekannt, dürften jedoch im ehemaligen Deutschland, vor allem in Schlesien, zu suchen sein. Vorhanden sind zwei der typischen, flachbodigen Henkeltöpfe (Milchtöpfe).

Eine jüngere Keramikgruppe, die stilistisch den 1930er- bis 1950er-Jahren zuzuordnen sein dürfte, bilden eine Tasse und ein Henkeltopf mit typischer rosabeiger Grundengobe und mit der Spritzpistole aufgetragenem Schablonendekor. Diese Gruppe ist in Graubünden in zahlreichen Museen vertreten. In keinem Fall sind Marken belegt, sodass die exakte Herkunft (Produktion in der Schweiz oder in Deutschland?) zur Zeit noch unklar ist.

Steinzeug ist nur durch einen kleinen Doppelhenkeltopf “Westerwälder Art” vertreten. Dies ist im 19. und 20. Jahrhundert die üblichste Steinzeugform in der Schweiz. Sie hatte Aufgaben in der Vorratshaltung zu erfüllen (Vorratstöpfe, Schmalztöpfe, Marmeladen- und Sauerkrauttöpfe.

Steingut ist mit unterschiedlichen Funktionsformen aus dem Bereich des Kaffeegeschirrs und der Hygienekeramik vertreten. Zahlreiche Stücke mit blauem oder schwarzem Umdruckdekor lassen sich aufgrund der Motive eindeutig der Manufaktur von Johannes Scheller in Kilchberg-Schooren am Zürichsee zuweisen.

Daneben sind ein Teller aus dem baden-württembergischen Hornberg und eine Kaffeetasse/Untertasse aus der Firma Utzschneider & Co in Saargemünd vorhanden. Von dieser Firma stammt auch ein umfangreicheres Service mit dem roten Umdruckmuster “EPINE”. Auch ein Waschgeschirr und ein Nachttopf stammen aus derselben grossen Fabrik. Aus Mettlach stammt nur eine Schüssel von Villeroy&Boch.

Etwas aus dem Rahmen fallen ein eingeflochtener Teller und ein Milchkännchen. Es ist mit bunt bemalten Reliefauflagen und einem Kupferlüster verziert und dürfte zwischen 1840 und 1850 in Staffordshire gefertigt worden sein.

Das Porzellan bildet eine sehr variable Gruppe. Es handelt sich um eine Kaminvase aus Böhmen oder Sachsen (Manufaktur Christian Fischer, Zwickau oder Pirkenhammer), einen ungemarkten Becher “Zum Andenken”, ein Patengeschenk und weitere Andenken- bzw. Geburtstagskeramik (Serie von fünf Tassen und Untertassen mit Aufglasur-Druckdekor von Carl Tielsch, Waldenburg-Altwasser, heute Stary Zdrój, Deutschland/Polen, Schlesien, heute Woiwodschaft Niederschlesien).

Eine kleine Vase mit der Ansicht der Waltensburger Kirche gehört zum touristischen Nippes. Aus dem Rahmen dieser Kollektion fällt eine japanische Teetasse/Untertasse aus der ersten Hälfte des 20. Jahrhunderts mit Kranichmotiven.

Zwei Zündholzsteine aus massivem Porzellan, von denen einer noch 1952 in Langenthal, Kanton Bern hergestellt wurde, beschliessen die Sammlung.

Dank

Die CERAMICA-Stiftung dankt Guido Dietrich, Museumskommission Waltensburg, sehr herzlich für die aktive Unterstützung der Inventarisationsarbeiten und die Informationen zur Museumsgeschichte und den Objekten.

Bibliographie:

Jenny 1987
Georg Jenny, Dorfmuseum “Arcun da Tradiziun” in Waltensburg/Vuorz, in: Terra Grischuna, 1987, Heft 3, 59-61.

Vuorz, Arcun da tradiziun (ATV), versiun romontscha

Cadruvi 7
7158 Waltensburg/Vuorz
E-Mail: info@waltensburger-meister.ch
Tel.: 081 936 2200, 079 136 3532

Cheramica egl Arcun da tradiziun Vuorz en CERAMICA CH

Andreas Heege, 2021

A Vuorz dat la Casa Cadruvi (baghegiada 1580) albiert, ton ad ina exposiziun dils renomai frescos dil meister da Waltensburg ord la baselgia vischinonta, sco era ad ina collecziun cultural-historica (Arcun da tradiziun Vuorz) d’utensils da diever ord la regiun, oravontut ord il 19avel tschentaner.

La collecziun cun rauba dalla patria ei sefatga ils onns 1960 sin iniziativa dil plevon Martin Cavegn. El ha organsiau in’exposiziun cun rauba veglia da Vuorz ed ha aschia saviu arver ils egls alla populaziun indigena per la valeta historica da quellas caussas. L’exposiziun ha menau alla fundaziun dil museum dil vitg. La finamira ei stada quella da frenar ed impedir la vendita da mobilias, uaffens ed utensils dil mintgadi a marcadonts d’ordvart. Il museum duei enrihir il vitg ed esser ina part dalla historia dil vitg. En emprema lingia ei vegniu priu a tscheins duas stanzas ella anteriura casa da dertgira. Igl onn 1985 suonda la dislocaziun el liug dad oz, numnadamein ella habitaziun suten dalla Casa Cadruvi. Quellas stanzas metta la vischnaunca a disposiziun al museum. Igl onn 2012 ei la surfatscha d’exponer digl Arcun da tradiziun vegnida redimensiunada muort l’avertura dil “Museum dil meister da Waltensburg”. Da niev mida l’exposiziun regularmein sia cumparsa en favur da metter igl accent sin exposiziuns specialas. Fin ussa han giu liug tochen oz suandontas exposiziuns: victualias e lur producziun egl ambient puril, la scola populara a Vuorz e davart la viva tradiziun dalla historia dils maletgs dil meister da Waltensburg. Il museum vegn purtaus dalla vischnaunca Breil/Brigels e tgiraus dad ina cumissiun che vegn eligida dalla suprastonza communala.

Sco museum dil vitg rimna igl Arcun da tradiziun cun prioritad objects da Vuorz e da sia vischinonza maneivla, quei vul dir objects fabricai el vitg ni ch’ein leu vegni duvrai. Ultra da quei vegnan objects rimnai ch’ein en possess da persunas, famiglias ed instituziuns stadas domiciliadas el vitg ni objects d’ordvart che stattan en relaziun cul vitg, per semeglia entras persunas ch’ein emigradas. La relaziun tiel vitg sto esser documentada.

Sin fundament dils accents da rimnar sesanflan leu ella collecziun naturalmein era objects da cheramica. Quels ein integrai fetg bein ella totalitad dall’ulteriura tradiziun museala dil Grischun. Aschia dat ei mo pintgas surpresas. Ei setracta dalla summa da 63 tocs: 2 miola, 25 tiaracotga, 22 terraglia (Steingut), 1 rauba da crap (Steinzeug) e 13 porcellana.

Il pli vegl toc dalla collecziun, in pign vischi cun enamiez l’inscripziun plitost superficiala IHS ed en colur blaua, deriva carteivel dall’Italia dil Nord ed ei vegnius fabricaus ella secunda mesadad dil 18avel tschentaner. La realitad ch’ei setracta d’ina scadiala, sco era la decoraziun cun IHS, ein per faienzas/miolas talianas el Grischun fetg tipicas.

Tiel secund object da faienza/miola setracta ei d’ina fuorma directiva dall’emprema mesadad dil 19avel tschentaner, in taglier cun in ur da squamas. Carteivel ei quel naschius a Kilchberg-Schooren al Lag da Turitg. Denton fabricavan era autras manufacturas da miola el sid dalla Tiaratudestga (p.ex. Durlach a Baden) fetg semeglionts tagliors e decors, ton che l’attribuziun resta empau malsegira.

Tier la rauba da tiaracotga sesanflan era las gruppas usitadas e fetg derasadas el Grischun. D’ina vart setracta ei da cheramicas digl art da Heimberg cun decor dil tgiern da dessignar ch’ein vegnidas fabricadas ella regiun Berneck, S. Gagl, ella secunda mesadad dil 19avel tschentaner e dall’entschatta dil 20avel tschentaner. Il pli savens setracta ei da vischala e plattas cun in ur git, da terrinas sco era da ruogs da latg, che vegnan era avon cun tgierp colurau sin basa dad engoba.

Da far resortir ei in bi e pign ruoghet da te. Tenor sia fuorma sa el derivar directamein da Heimberg-Steffisburg el cantun Berna. Ei dat denton actualmein negin segir mussament da hanletg sin quella distanza.

La cheramica dil Lag da Genevra ei representada cun siu tipic vischi da manetscha ch’ei decoraus cun ina sempla tulipana.

Ord il territori dil sid dalla Tiaratudestga, carteivel dalla regiun Augsburg, deriva rauba da tiaracotga tipica, che sa vegnir attribuida al 19avel tschentaner. Ella porta u ina glasura melna ni mangan-nera e savens in decor sprizzau verd. Avon maun ein tipicas fuormas: ruog da caffè e vischi da cuschinar cun manetschas sigl ur.

Bein representada ei era la vischala da glasura da mangan dil 19avel tschentaner en differentas qualitads. Quei muossa claramein, che sper ils menaschis da producziun a Kilchberg-Schooren, deva ei ulteriurs menaschis che furnevan rauba per la fiera. Avon maun ein ruogs ventrus, ruogs da caffè cun venters da péra, tagliors cun urs da relief, plattas ovalas e terrinas.

A partir dil 19avel tschentaner anfl’ins silla fiera en Svizra era vischala brina cun sia glasura caracteristica, l’aschinumnada glasura d’arschella senza plum. Ils producents ein enconuschents ed ein d’anflar ella anteriura Germania, oravontut en Schlesia. Avon maun ein dus tipics vischals da manetschas e cun funs plat (vischals da latg).

Ina pli giuvna gruppa da cheramica, ch’ein d’attribuir dil stil anora als onns 1930 tochen 1950, fuorman scadiolas ed in vischi da manetscha cun in tipic funs dad engoba rosa-besch e cun decors da schablona sprizzai cun pistola. Quella gruppa ei representada fetg bein en numerus museums grischuns. En negin cass ein marcas documentadas, aschia che l’exacta derivonza (producziun en Svizra ni Germania?) ei actualmein nunenconuschenta.

Rauba da crap (Steinzeug) ei mo representada cun in vischi da manetscha dubla „Westerwälder Art“. El 19avel e 20 avel tschentaner ei quei l’ordinaria fuorma da rauba da crap en Svizra. Ella veva d‘ademplir la funcziun da provisiun (vischals da provisiun, vischals da pieun, vischals da marmelada e vischals da crut asch).

La terraglia (Steingut) ei representada cun differentas fuormas funcziunalas ord il sectur dalla vischala da caffè e cheramica da higiena. Numerus tocs cun decor stampau en blau e ner laian claramein attribuir alla manufactura da Johannes Scheller a Kilchberg-Schooren al Lag da Turitg.

Plinavon ein in taglier da Homberg (Baden-Württemberg) ed ina scadiola cun taglier dalla firma Utzschneider & Co a Saargemünd avon maun. Da quella firma deriva era in vast servis cun muster da stampar tgietschen „EPINE“. Era in vischi da selavar ed in naschier derivan ord la medema gronda fabrica. Da Mettlach deriva mo in vischi da Villeroy&Boch.

Ord la rama crodan in taglier ed in ruoghet da latg. Quel ei coluraus cun pliras colurs, ornaus cun reliefs e decoraus cun ina manetscha da pareta d’irom tarlischont ed ei vegnius producius denter 1840 e 1850 a Staffordshire.

La porcellana fuorma ina gronda e variabla gruppa. Ei setracta d’ina vasa da tgamin ord la Boemia ni Sachsen (Manufactura Christian Fischer, Zwickau ni Pirkenhammer), in cup senza indicaziun da marca „Zum Andenken“, forsa in schenghetg dil padrin ed ulteriuras cheramicas da regurdientscha ni natalezi (Seria da tschun scadiolas e tagliors-scadiola cun glasura e decor stampau da Carl Tielsch, Waldenburg-Altwasser, oz Stary Zdrój, Tiaratudestga/Pologna, Schlesia, oz Woiwodschaft Schlesia Bassa).

Ina vasetta cun la vesta dalla baselgia dad Vuorz s’auda tiegl ornament turistic. Ord rama da quella collecziun croda ina scadiola da te japanesa cun taglier ord l’emprema mesadad dil 20avel tschentaner cun motivs da grus.

Dus craps da zulprins ord porcellana massiva, in ei aunc vegnius producius 1952 a Langenthal, cantun Berna, siaran giu la collecziun.

Engraziament

La Fundaziun cheramica engrazia a Guido Dietrich, cumissiun museum Vuorz, pil cordial ed activ sustegn tier las lavurs d’inventarisaziun e per las informaziuns davart la historia dil museum e dils objects.

Translaziun Tarcisi Hendry

Bibliografia:

Jenny 1987
Georg Jenny, Dorfmuseum “Arcun da Tradiziun” in Waltensburg/Vuorz, in: Terra Grischuna, 1987, Heft 3, 59-61.